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Da Bergamo nel Mondo: un nuovo modello di sviluppo

Le imprese oggi tentano il “rimbalzo anticrisi” e i territori in prima linea in questo senso sono Bergamo, Milano, Monza Brianza, Varese, Lecco, Cremona, Brescia.

Per misurare l’impegno delle aziende nella direzione della ripresa gli strumenti sono clima di fiducia delle imprese ai fini della previsione della produzione industriale, la produzione industriale e il PIL.

Sono circa 400mila le imprese lombarde impegnate in pratiche virtuose quali il codice etico e le certificazioni di qualità, per un giro economico ad azienda che gira intorno ai 10mila euro annui: una tendenza, una moda o un investimento in buone pratiche che rappresenta un costo significativo ma anche un ritorno sicuro. A sborsare la maggiore quantità di denaro è soprattutto Milano con circa un miliardo e quattrocento milioni, seguita da Brescia con mezzo miliardo e Bergamo con 425 milioni.

Tra le imprese che mettono in pratica il nuovo stile di gestione con attenzione etica e sociale vince soprattutto l’attenzione all’ambiente con il 77,3% degli imprenditori che hanno gli occhi puntati sui rifiuti mentre salute e sicurezza dei lavoratori e diritti dei dipendenti sono la priorità per il 69,4% delle aziende. Un comportamento etico che per il 49,8% dei titolari d’impresa non conosce crisi economica.

Il nuovo modello di sviluppo verso cui le imprese devono tendere è sempre più sistemico e reticolare, caratterizzato da:

  • interattività
  • integrazione di risorse e processi produttivi
  • estensione del lavoro cognitivo
  • maggiore complessità organizzativa
  • flessibilità e adattamento per fronteggiare l’instabilità dei mercati
  • internazionalizzazione
  • continuo miglioramento in termini di qualità ed efficienza

Come e perché sta cambiando il modello d’impresa italiano?

Uno dei settori maggiormente colpito dalla crisi economica degli ultimi anni è il settore delle piccole e medie imprese italiane (PMI) che in Italia sono pari a circa il 94 % del totale.

Il processo di globalizzazione dei mercati ha cominciato a modificare i sistemi economici regionali a partire dagli anni ’90: le opportunità provenienti dai paesi di recente industrializzazione come Cina e India ha portato alla ridistribuzione delle attività produttive e quindi anche alla divisione internazionale del lavoro.

Questo fenomeno tocca tanto le piccole imprese locali quanto le multinazionali dei grandi marchi.

Si pensi ad esempio alla svendita dei grandi marchi storici italiani all’estero (Perugina, Algida, Flora, Ducati, Lamborghini sono brand italiani che vivono sotto altra bandiera conservando la loro parvenza di italianità). Il cambio di nazionalità dei marchi italiani va avanti dagli anni ’70, ma questi sono tempi decisamente duri per il Made in Italy: la novità è che adesso gli imprenditori interessati ai brand italiani arrivano anche dai paesi in via di sviluppo e non solo dai paesi con economie già molto solide.

Tre i fenomeni che stanno emergendo e modificando il sistema impresa nell’ottica di una sfida competitiva globale:

  1. Nei sistemi emergenti è in aumento la ricchezza e quindi la domanda interna tanto che i nuovi mercati stanno diventando veri motori di crescita mondiale;
  2. Sta venendo meno la dualità tra Paese industrializzato e Paese in via di sviluppo a vantaggio di una forma complessa di opportunità globali;
  3. Le imprese dei mercati emergenti dispongono di ricchezze da investire nell’innovazione e diventare così giocatori globali

 

Impresa Italia: il modello d’impresa italiano tradizionale

Da sempre l’impresa italiana si è basata su un modello di business semplice e immediato: il passaggio generazionale delle imprese di padre in figlio.

Questo modello di impresa ha funzionato a lungo senza che si verificassero crolli per la produzione o per gli introiti dell’azienda, anzi spesso nel ricambio generazionale sussistevano elementi di successo.

Ancora oggi, nonostante l’avvento della globalizzazione abbia cambiato le regole del gioco, la piccola e media impresa italiana è rimasta ancorata al modello tradizionale del ricambio generazionale: il modello a conduzione famigliare in Italia viene ancora applicato dal 90 per cento delle imprese.

Ben venga la continuità e la tradizione famigliare in azienda ma è anche necessario fare i conti con il rinnovamento del sistema. Secondo alcune statistiche “su 80 mila imprenditori che applicano il modello del family business, il 15 per cento supera il primo passaggio, il 15 per cento non supera il secondo e in ogni caso il 63 per cento delle imprese coinvolte non supera il quinto anno di vita.”

Ne risulta che oggi il modello di business familiare è diventato particolarmente difficile perché infatti le aziende soccombono alla terza generazione, cui sopravvive solo il 5 per cento delle imprese.

Ecco perché è fondamentale adattarsi al cambiamento, pur restando fedeli e coerenti con i propri valori e con la mission aziendale.

Il nuovo modello di sviluppo d’impresa è per le aziende italiane un piano strategico di gestione delle informazioni, delle risorse tecnologiche, umane e relazionali: l’unica strada da percorrere per raggiungere la crescita e lo sviluppo economico, aprendosi a nuove opportunità e mercati oggi inesplorati.

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